Finalmente Insight è riuscito ad introdurre la sua sonda nel suolo marziano.

Chi di voi ha seguito l’avventura di questo lander della NASA sa bene quanto il mondo scientifica aspettasse questa notizia! Buona parte degli obiettivi di questo lander erano e sono legati a questo probe che non ne voleva sapere di perforare il suolo.
È incredibile la flessibilità operativa di questi robot. Con il simulatore a terra si riescono ad effettuare innumerevoli tentativi prima di trovare la strategia giusta, ma non bisogno scordarsi che sono due oggetti diversi in due ambienti completamente diversi! Alla NASA ci sono dei tecnici che guardano, ragionano ed eseguono, su Marte non c’è nessuno!
L’articolo che vi propongo, preso da Alive Universe, l’ho trovato interessante perché fa capire come a volte anche con tecnologie all’avanguardia come l’hardware di Insight, le dinamiche e gli strumenti per piantare un palo o una sonda in terra o nel suolo marziano sono le stesse: il martello!
Eccovi l’articolo.

Commento di Luigi Borghi.

Insight: la talpa è finalmente sottoterra!

Le operazioni di ‘back-cap push’ hanno avuto successo e da una settimana la sonda termica, spinta dalla pala meccanica, è praticamente sotto il livello del terreno (aggiornamento del 8 giugno).
Dopo circa 14 mesi di peripezie, quella che sembrava una impresa quasi disperata si sta realizzando e la sonda termica dello strumento HP3 (“Heat Flow and Physical Properties Package”), destinata a misurare temperatura e flusso di calore nel suolo di Elysium planitia, è ora quasi interamente al di sotto del livello del terreno.


Sol 536, IDC (top) e ICC (bottom)
Credit: NASA/JPL-Caltech – Processing: Marco Di Lorenzo

Nell’immagine, l’accostamento mostra gli ultimi progressi registrati nel pomeriggio del Sol 536 (30 Maggio), su un arco temporale di mezz’ora: sia le riprese dalla fotocamera sul braccio robotico IDC (in alto), sia con la ICC grandangolare fissa sotto il deck del lander (in basso). Come si vede sulla destra, adesso la pala meccanica è “a filo” con il terreno circostante e la talpa, invisibile, è presumibilmente del tutto seppellita.

Come ha raccontato 4 giorni fa Tilman Spohn (Principal Investigator per HP3) nel suo blog, dopo la nuova “emersione” di Febbraio, in cui la talpa era risalita di ben 5 cm per effetto del riempimento di materiale della cavità in cui era precedentemente penetrata, si è abbandonata la tecnica del ‘pinning’ (pressione laterale) a favore di una strategia di ‘back-cap push’ ovvero di pressione sulla sommità della sonda.
Per prima cosa, la pala viene calata sulla talpa fino a toccarla e poi viene ulteriormente abbassata e messa in tensione, in modo da provocare una forza iniziale di 50 Newton (il peso di circa 5 kg sulla Terra) su di essa. Durante la fase successiva di martellamento, la talpa affonda di 15 mm mentre la forza esercitata dalla pala, che segue comunque l’abbassamento, si riduce progressivamente a zero per poi ricominciare dall’inizio.

Questa complessa strategia, ovviamente, non è improvvisata ma è il frutto di lunghe simulazioni svolte prima a Terra, con una copia dell’hardware interessato. A causa della portata limitata del braccio meccanico e dell’orientamento obliquo della talpa, il contatto tra i due si riduce ad un punto; sarebbe bastato un errore di posizionamento di pochissimi millimetri per causare lo scivolamento laterale della pala oppure, peggio ancora, il danneggiamento del cavo piatto che alimenta e trasporta informazioni dalla sonda; peraltro, il cavo è esso stesso uno strumento perché contiene svariati sensori di temperatura per tutta la sua lunghezza. Come se non bastasse, con l’abbassarsi della talpa, a causa dell’inclinazione di quest’ultima la pala tende ad avvicinarsi ulteriormente al cavo, per cui è necessario calcolare un margine di manovra.

Dati i margini così ristretti, il team ha prudentemente limitato le sessioni iniziali di martellamento a soli 25 colpi per volta; tale cifra è salita poi a 150 colpi nelle ultime sessioni, quando il team aveva ormai acquisito una certa confidenza sul processo e sulla capacità di riposizionare con precisione la pala sulla sonda. Quello che si può affermare fin da ora, è che la talpa non è stata ostacolata nel suo affondare da uno strato roccioso sepolto, come si era temuto inizialmente.

A detta di Sophn, la pala potrebbe ancora essere leggermente al di sopra del livello del terreno (anche se le immagini suggeriscono il contrario) e la sommità della talpa potrebbe sporgere ancora di 1 cm su lato più in alto; in effetti, nel Sol 543 (6 giugno) la pala è stata leggermente sollevata e poi riposizionata sulla talpa; in seguito, è stata effettuata una ultima sessione di “hammering” che ha portato il fondo della pala a diretto contatto con il terreno; adesso la talpa dovrebbe avere raggiunto lo strato più duro e profondo di regolite [in rosso la parte aggiornata la mattina del 8 giugno]
A quel punto, la pala verrà sollevata e verrà condotto un “free-Mole test” per studiarne il comportamento senza alcun aiuto. I calcoli fatti già nei mesi scorsi suggeriscono infatti che, una volta che la talpa è completamente sotto il livello del terreno, dovrebbe affondare spontaneamente senza aiuti ma per effetto della peso del terreno e della accresciuta pressione e frizione sulle sue pareti.

Se questo non dovesse verificarsi, ci sarebbero due possibili opzioni da seguire per le successive sessioni di martellamento:

  1. ricoprire con uno strato di terreno la sommità della talpa e pressare su di esso con la pala;
  2. continuare a fare pressione direttamente con la pala ma “di taglio”, usando il suo margine anteriore invece della parte piatta.

Nel primo caso, la pressione del braccio meccanico sarà necessaria solo nelle fasi iniziali poiché le simulazioni mostrano che, superati i 20 cm di profondità, il vantaggio che ne deriva diventerebbe trascurabile.

La seconda opzione appare ancora più azzardata di quanto fatto finora in termine di margini e rischi ma il team “Instrument Deployment Arm (IDA)” che gestisce il braccio meccanico si è dichiarato abbastanza confidente in questo senso.

Per concludere, una curiosità dalla stazione meteorologica di Insight: negli ultimi giorni si sono registrati nuovi record superiori di temperatura su Elysium Planitia, -50.4 °C come media giornaliera e +1,55 °C di temperatura massima, nei Sol 541 e 540 rispettivamente; si tratta sempre della conseguenza dell’approssimarsi del perielio marziano, nonostante la stagione autunnale inoltrata. Tuttavia, si sta avvicinando anche la stagione delle tempeste di sabbia e questo potrebbe diventare un serio problema per i prossimi tentativi con la talpa perché l’aumentata opacità atmosferica ridurrebbe la potenza generata dai pannelli solari, inibendo le operazioni con il braccio meccanico che richiedono parecchia energia.

Non ci resta che incrociare le dita e seguire con trepidazione le prossime manovre!

Di: Marco Di Lorenzo 08/06/2020

Link all’articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

quindici + tredici =